Il ragazzo chiamato scimmia

ESCE IN SELF-PUBLISHING CON ILMIOLIBRO DI GEDI EDIZIONI IL NUOVO LIBRO DI DANIELE DEL ZOTTO DAL TITOLO “IL RAGAZZO CHIAMATO SCIMMIA” CHE TRATTA DI UN TEMA SEMPRE ATTUALE: QUELLO DEGLI ESODI E DELL’IMMIGRAZIONE.

IL ROMANZO, TRATTO DA UNA STORIA VERA, NARRA IL VIAGGIO DI UN GIOVANE PAKISTANO SULLA ROTTA BALCANICA FINO IN ITALIA. ANDANDO OLTRE ALLA NARRAZIONE, IL LETTORE SI RISTROVERA’ NEL PROTAGONISTA, NEI SUOI PENSIERI, SCOPRENDO CHE QUESTO VIAGGIO È UNA METAFORA DELLA VITA.

Il viaggio dal Pakistan all’Italia di un giovane immigrato

“Tutti noi siamo dei migranti. Migrare significa cambiare, per scelta o costrizione, la nostra vita. Anche senza dover varcare confini geografici, ci troviamo spesso a dover lasciare quello per cui abbiamo lottato: famiglia, amori, la nostra casa. Quello del saper perdere è un concetto col quale ogni uomo è costretto, prima o poi, a confrontarsi. Andando oltre alla narrazione e leggendo tra le righe, il lettore si ritroverà nel pensiero del protagonista, scoprendo che la Rotta Balcanica è una metafora della vita”. (Daniele Del Zotto)
Il romanzo è tratto da una storia vera e narra il viaggio di un giovane migrante clandestino pakistano mettendo in risalto le difficoltà, gli stati d’animo e le motivazioni che spingono gli esseri umani ad affrontare un esodo, scontrandosi con situazioni che cambiano radicalmente la loro esistenza. È un libro ricco di emozioni ed accurate descrizioni di fatti realmente accaduti – che giornalmente si ripetono – ai quali si aggiungono i profondi pensieri del protagonista che dialoga con la sua anima per darsi forza e trovare il coraggio di continuare a vivere nonostante i dolorosi ricordi di rinuncia dei suoi affetti, dei suoi costumi e della sua cultura. È un libro che vuole trasmettere a chi lo legge, l’importanza di accettare, con vero spirito di accoglienza e fratellanza, chi lascia tutto e tutti per cercare di avere una vita migliore.


L’ INTERVISTA

di Palmira Gilson

Perché un romanzo sull’immigrazione?

Più che sull’immigrazione, argomento estremamente attuale, il romanzo si concentra sull’immigrato in quanto essere umano: sui suoi sforzi, sulle sue sofferenze e sul conflitto interiore basato sul concetto del distacco dal passato. In fondo, tutti noi siamo dei migranti. Migrare significa cambiare, per scelta o costrizione, la nostra vita. Anche senza dover varcare confini geografici, ci troviamo spesso a dover lasciare quello per cui abbiamo lottato: famiglia, amori, la nostra casa. Quello del saper perdere è un concetto col quale ogni uomo è costretto, prima o poi, a confrontarsi. Penso che il lettore, andando oltre alla narrazione e leggendo tra le righe, possa ritrovarsi nel pensiero del protagonista, scoprendo che la Rotta Balcanica è una metafora della vita.

La narrazione è basata su una storia vera?

Il romanzo è tratto da una storia vera e narra il viaggio di un giovane migrante clandestino pakistano mettendo in risalto le difficoltà, gli stati d’animo e le motivazioni che spingono gli esseri umani ad affrontare un esodo, scontrandosi con situazioni che cambiano radicalmente la loro esistenza. È un libro ricco di emozioni ed accurate descrizioni di fatti realmente accaduti – che, come ci insegna la cronaca, giornalmente si ripetono – ai quali si aggiungono i profondi pensieri del protagonista che dialoga con la sua anima per darsi forza e trovare il coraggio di continuare a vivere nonostante i dolorosi ricordi di rinuncia dei suoi affetti, dei suoi costumi e della sua cultura.

Immagino che sia stato necessario dedicare molto tempo alla ricerca e alla documentazione. In quanto tempo l’ha scritto?

Sono stati necessari diversi mesi per documentarmi e raccogliere informazioni direttamente da chi questo “viaggio” l’ha veramente affrontato. Mi sono confrontato con alcuni migranti ascoltando le loro storie, i loro racconti, a volte con problemi di comunicazione linguistica. Il libro, però, racconta la storia e i sentimenti di un ragazzo col quale ho potuto instaurare un rapporto maggiormente empatico. Senza di lui non avrei potuto scriverlo.

Perché questo titolo?

Nonostante il termine “scimmia” sia spesso legato ad offese nei confronti dei migranti che giungono in Europa e negli altri continenti di cultura occidentale e possa sembrare, quindi, avere un nesso con, l’ahimè, diffuso razzismo, ho scelto questo titolo perché il protagonista, fin da piccolo, era molto agile nell’arrampicarsi sugli alberi e, per questo, i suoi amici lo chiamavano così; senza riferimenti razzisti ma per evidenziare le sue qualità atletiche. Pensiamo, poi, che tutti noi esseri umani deriviamo dalle scimmie e questo basterebbe a far riflettere (semmai ne avessero la capacità) gli intolleranti ad usare questa parola in senso dispregiativo.

In poche parole, qual è la trama del romanzo?

Dopo sei anni, il protagonista rivede la sua famiglia e il suo paese in Pakistan dove tutto sembra essersi fermato. In continuo confronto con sé stesso, dialoga con il suo altro io in uno sdoppiamento esistenziale – l’amico immaginario, l’angelo custode, la sua coscienza – che l’ha accompagnato nel suo percorso di cambiamento alla ricerca di quel miglioramento che è il diritto di ogni essere umano. Nel primo capitolo, racconta della sua vita in un paese di una provincia del Punjab dove il tempo scorre “segnato dai giri della luna” e la vita non è altro che un’attesa della morte – come una parentesi sterile e priva di significato – concentrata solo sulla preservazione del corpo. Nel secondo capitolo, ripercorre il viaggio e narra le difficoltà e le frustrazioni che i migranti clandestini affrontano in un percorso, perlopiù a piedi, sulle rotte clandestine governate dai trafficanti che agiscono, arricchendosi, sotto lo sguardo distratto di chi dovrebbe controllare. La Rotta Balcanica viene descritta in modo accurato come fosse un gioco o un viaggio d’avventura di temerari escursionisti – il mio pacchetto prevedeva molte attività di trekking (cit.) -.

Cosa vuole trasmettere ai lettori?

È un libro che vuole trasmettere, l’importanza di accettare, con vero spirito di accoglienza e fratellanza, chi lascia tutto e tutti per cercare di avere una vita migliore.

A chi lo consiglieresti?

È un libro adatto ad un lettore “grande” non per eventuali scabrosità contenute nel testo, che a mio avviso non ci sono, ma per l’importanza di certe riflessioni che prevedono un’apertura del lettore all’introspezione e alla comprensione della sofferenza umana, più facile in età adulta. In ogni caso, mi piacerebbe che il libro diventasse argomento di discussione scolastica: primo per divulgare il concetto di accoglienza e secondo, ma non secondario, per far riflettere i giovani sulla “storia” nella quale stanno vivendo.

“IL RAGAZZO CHIAMATO SCIMMIA” di Daniele Del Zotto, acquistabile su:
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/638197/il-ragazzo-chiamato-scimmia/
e in tutti gli stores del Gruppo Feltrinelli.

Il ragazzo chiamato scimmia è da oggi, disponibile anche in formato e-book nelle migliori librerie on-line e su Amazon.


DANIELE DEL ZOTTO: CLASSE 1962, ESPERTO DI VIAGGI E TURISMO ANTROPOLOGICO, CRITICO GASTRONOMICO E DIVULGATORE DELLA CULTURA DEL CIBO ITALIANO NEL MONDO, HA PUBBLICATO I SUOI PRIMI ARTICOLI ALL’ETA’ DI 18 ANNI AFFIANCANDO LA SCRITTURA ALLA SUA CARRIERA ALBERGHIERA CHE LO HA PORTATO A DIRIGERE IMPORTANTI ALBERGHI IN ITALIA E ALL’ESTERO. DA ALCUNI ANNI, DEDICA PARTE DEL SUO TEMPO, COME VOLONTARIO AUTONOMO, ALL’INSEGNAMENTO DELLA CULTURA LINGUISTICA E GASTRONOMICA ITALIANA AGLI IMMIGRATI.

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© Autore: Daniele Del Zotto
Luxury Hotels & Restaurants Director